GALLERIANO - località Las Rives (o Campo romano, sito 7)

da 'Presenze Romane' a cura di T. Cividini ed altri.

La zona, di grande interesse storico archeologico, è caratterizzata dalla presenza del castelliere, già segnalato dal Quarina e non ancora interessato da scavi regolari: i ritrovamenti compiuti attraverso gli anni consentono ora di tracciare un panorama articolato sulla frequentazione romana nell'area, mentre poco si conosce ancora della fase preistorica e protostorica. Le poche selci lavorate raccolte sono in corso di studio da parte di studiosi del settore.
In base ai dati in nostro possesso ed alle recenti ricognizioni, siamo in grado di affermare che all'esterno della fortificazione, ed in particolare sui lati ovest, nord ovest, doveva sorgere un complesso residenziale di notevoli dimensioni, su una superficie di oltre 3000 mq. A sostegno di tale interpretazione giunge un cospicuo numero di reperti particolarmente significativi che, oltre ad indicare una continuità di attestazioni dall'età repubblicana fino a quella tardo imperiale, sono rappresentativi di un discreto tenore di vita. A tale proposito si segnala il rinvenimento di numerosi frammenti di tubuli in terracotta destinati ad impianti di riscaldamento, oltre a tessere musive e pezzi di marmo.
Tra le numerose emissioni monetali, che coprono un arco temporale di oltre quattro secoli, va ricordato il medio bronzo greco coniato a Cnosso, la cui datazione, fissata tra il II ed il I secolo a.C., è una ulteriore conferma della precoce occupazione dell'area.

Oggetti lapidei
La presenza di numerose macine a rotazione (metae) di medie dimensioni nel territorio di Lestizza e, più in generale, nel Medio Friuli, at
testa una produzione domestica di farina. Per quello che concerne l'introduzione di questi oggetti nell'uso quotidiano, è tuttora incerto se debbano essere attribuiti ad influssi culturali romani o piuttosto latèniani.

Laterizi bollati
Numerose sono le tegole con bollo rinvenute a Galleriano: un'attestazione va riferita a Q Clodius Ambrosius, tra i maggiori produttori di laterizi nella regione, particolarmente documentati nella zona di Carlino, Muzzana del Turgnano, Porpetto e San Giorgio di Nogaro; una segnalazione arriva anche da Talmassons. La datazione sembra collocabile nell'ambito del I secolo d.C., come si evince dall'esame paleografico.
Il bollo LaB2 rimanda forse a [TR]OSI, presente sia nella variante con cartiglio rettangolare sia senza, e datato tra il I a.C. ed il I secolo d.C.. È possibile che esso provenga da una delle quattro fornaci localizzate nella zona di Rivignano.
Anche il marchio T. Coelius, prodotto con ogni probabilità nell'agro concordiese, va collocato cronologicamente nello stesso periodo ed è diffuso su entrambe le coste dell'Adriatico.
Due tegole presentano il bollo riconducibile a Ti(berius) Nucula, molto comune nel Medio Friuli e risalente ad un periodo compreso tra il I a.C. ed il I secolo d. C.: un pezzo è segnalato dalla Gomezel, mentre il secondo è conservato presso il Museo Civico di Udine.

Materiale da costruzione
I tubuli venivano impiegati nel rivestimento delle pareti degli ambienti con funzione termale, favorendo una circolazione uniforme del calore ed evitando fenomeni di condensazione sui muri; le striature sulla superficie superiore dei laterizi, eseguite con pettini in osso o ferro, servivano per facilitare l'adesione dell'intonaco. L'introduzione di tali manufatti, generalmente adottati nelle strutture di carattere residenziale, si colloca nella prima metà del 1 secolo d.C., diffondendosi nel secolo successivo. Nei territori limitrofi questo metodo di riscaldamento, basato sulla distribuzione omogenea del calore mediante intercapedini ricavate all'interno delle pareti, è attestato a Turrida e Rivis di Sedegliano, a Mortegliano, Teor e Talmassons.

Ceramica a vernice nera
Un frammento riveste un particolare interesse poiché conserva sul fondo una decorazione a gemma impressa, ottenuta cioè utilizzando una gemma come punzone. La qualità del pezzo è piuttosto scadente ed il suo stato di conservazione mediocre, tale da rendere difficile l'interpretazione del soggetto rappresentato; tuttavia pare di riconoscere un volatile rivolto a destra. Sono piuttosto frequenti i motivi decorativi zoomorfi, ampiamente utilizzati nella glittica con funzione perlopiù decorativa: leoni, pavoni, formiche ed altri animali vengono in genere associati a solchi concentrici ed a fasce eseguite a rotella. Tale sintassi decorativa, tipica della produzione dell'Italia settentrionale e soprattutto del litorale adriatico, compare anche sulle patere ed i piatti in terra sigillata e sembra diffondersi intorno al 70/60 a.C., affiancandosi alla più consueta tecnica di decorazione con stampiglie''.

Monete
Le prime monete romane ottenute con la tecnica della fusione vengono fatte risalire al IV secolo a.C.; prima di queste emissioni, che appartengono alla serie dell'aes grave, o asse librale, circolavano semplici pezzi in bronzo allo stato naturale (cd. aes rude), particolarmente frequenti nelle tombe paleovenete di Este ed ora documentati anche a Lestizza (M1-5). Nel caso in cui dovesse essere riconfermata la loro identificazione (si attende in tal senso una verifica da parte dei Civici Musei, dal momento che non si è potuto prendere visione diretta dei pezzi), essi verrebbero a rappresentare una significativa testimonianza di "premoneta" bronzea; tale "premoneta" non sembra riferibile ad un sistema metrologico ben definito: infatti, sebbene il peso dei frammenti studiati altrove oscilli tra gr 18 e 32 e quindi sia ricollegabile al sistema della litra italica adottato da Dionigi di Siracusa all'inizio del IV secolo a.C., il contesto dei ritrovamenti documentati - quasi esclusivamente tombe femminili di epoca protostorica - porta a credere che tali frammenti rappresentassero un simbolo di ricchezza (dote femminile o obolo per il viaggio nell'Oltretomba). Uno "pseudo numerario" dunque, cui fecero seguito dei piccoli pani, sempre in bronzo, del tipo "a ramo secco" o "lisca di pesce", di provenienza centro italica (aes signatum).
Tra i reperti numismatici raccolti dal Candussio riveste una grande importanza un bronzo coniato nell'isola di Creta a Cnosso, del quale l'ispettore onorario diede notizia in un articolo edito sul Messaggero nel marzo del 1995 da cui si riprendono i dati, non essendosi potuto procedere ad un esame autoptico del pezzo"z.
L'esemplare, in cattivo stato di conservazione, riporta sul diritto la testa di Hera (Demetra, secondo i Romani) o Artemide e sul rovescio la pianta di un labirinto quadrangolare; ai lati una punta di lancia e un fulmine; sopra un astro e nell'esergo la scritta in greco KNOS?ON (Cnosso). Per le sue caratteristiche, la moneta viene datata tra il II ed il I secolo a.C.. Nel territorio friulano ammontano a circa una decina le emissioni monetali provenienti dal bacino dell'Egeo e dalla costa africana, ritrovate prevalentemente lungo la via Postumia, nel tratto più vicino ad Aquileia, e isolatamente a Pozzuolo, Pavia di Udine, Lovaria e Udine Baldasseria.
Oltre alle tredici monete custodite presso il Museo udinese, provengono dall'area altri sette esemplari: due assi unciali e un semisse di epoca repubblicana, un dupondio di Vespasiano e tre piccoli bronzi in pessimo stato di conservazione riferibili all'epoca tardoantica.

Oggetti in bronzo
Tra le fibule rinvenute nel corso delle ricognizioni compiute verso la fine degli anni '80 dal Candussio, destano grande interesse due esemplari collegabili alla cultura Latèmana: il primo, pubblicato dallo stesso Candussio insieme al Buora, rientra tipologicamente nel gruppo Almgren 65, variante A, diffuso dalla pianura padana sino al Piceno ed anche nelle regioni transalpine, dalla Svizzera all'Austria e alla Dalmazia. Un manufatto analogo proviene dalla località Casteò a Villaorba di Basiliano, dove è associato ad un denario di Caio Porcio Catone, a riprova di una romanizzazione piuttosto precoce dell'area, da collocarsi almeno intorno alla metà del II secolo a.C..
Ad ulteriore conferma di questa tesi va ricordato il ritrovamento di una fibula "ad arpa" nella zona delle piste di aviazione a nord di Mortegliano: in questo caso è associata ad un denario di P SABIN Q, datato al 99 a.C.; una segnalazione giunge infine dal territorio di San Giorgio di Nogaro, a poca distanza dalla via Annia.
La presenza di questi oggetti di ornamento è motivata, secondo alcuni studiosi, dall'esistenza in loco di nuclei celtici che avrebbero assorbito elementi della cultura romana ancora in epoca tardo repubblicana; in questa sede si è orientati ad ipotizzare piuttosto una serie di contatti tra le genti locali ed alcuni gruppi provenienti dai territori settentrionali del Friuli, dove più numerosi sono gli indizi relativi ad una distribuzione radicata di queste etnie. Rimane d'altro canto inconfutabile il fatto che la media pianura friulana doveva essere al centro di una fitta rete di scambi commerciali e conseguentemente culturali tra l'elemento indigeno e quello romano.
La fibula tipo Jezerine si contraddistingue per l'arco a nastro variamente decorato concluso da una fascetta. Il piede presenta un piccolo foro e un bottone terminale. Recentemente pubblicata dal Buora, viene datata nel periodo cesariano e triumvirale e risulta diffusa in tutta l'Europa, con una maggiore concentrazione di esemplari nell'Italia settentrionale, nella Slovenia e nella media valle del Danubio. Numerose sono le attestazioni nel Friuli centrale; una in particolare sembra provenire dal sito della Paluzzana.
Le fibule del periodo tardoantico risultano documentate da due esemplari editi nel 1992 dal Buora insieme al Caridussio ed al Pröttel; si tratta di fibule del tipo "a cerniera" o Hrusica, dal nome di uno dei luoghi dove se ne era individuata una particolare concentrazione.
Per l'inquadramento cronologico, si teorizza una fase iniziale di produzione non anteriore alla seconda metà del III secolo d.C., con un proseguimento fino al V secolo.