DAI ROMANI AI PATRIARCHI

di Antonio De Cillia

Sui Veneti e sui Carni il buio resta fitto.
Sui Romani, poche certezze quando si voglia mettere il naso fuori da Aquileia, di Forum Julii, di Julium Carnicum e di Julia Concordia.
C'è, comunque, lungo la linea della risorgive, il tratto terminale della via Postumia, importantissima strada militare di arroccamento che collegava l'Alto Tirreno con l'Alto Adriatico. Nel territorio circostante sono state trovate, in tempi diversi, vestigia che si attribuiscono all'epoca romana e che Amelio Tagliaferri "in attesa di una programmazione di scavi organici e simultanei" ha raccolto in un suo recente volume basato sulla "ricerca sul campo, detta anche prospezione in superficie".
Sono citate le località "Lis Paluzzanis" e "la Malisana" di Lestizza, i "Vieris" e i "Renéz" di Sclaunicco, "lis Tombucis" di S. Maria, le "Angorie" di Galleriano, lis "Grovis" di Nespoledo.
Poi ci sono i toponimi che testimoniano la loro derivazione dalla organizzazione agricola romana: Galleriano, Mortegliano, Orgnano, Flumignano, Beano ecc.
Mentre i toponimi legati a specie vegetali potrebbero invece essere dall'epoca della "rinascita dopo il Mille": così Nespoledo e Carpeneto.
Molto interessante il sepolcreto venuto alla luce recentemente a Sclaunicco: lo studio dei reperti ha accertato la continuità dell'insediamento tra l'epoca imperiale romana e l'Alto Medio Evo.
Saltiamo qualche secolo e ci troviamo in epoca postcarolingia, un'epoca di confusione e di anarchia. Bande di predoni battono le campagne e dall'899 iniziano le loro incursioni anche gli Ungari che dilagano in Italia attraverso la Stradalta mettendo a ferro e a fuoco i circostanti villaggi.
La storiografia friulana ha dato a queste incursioni un significato apocalittico, che oggi si tende a ridimensionare.
Nel 964 Ottone I di Sassonia sgomina definitivamente gli Ungari presso Augsburg e tre anni dopo dona al suo fedelissimo Rodoaldo, patriarca aquileiese, tutto il territorio della Bassa Friulana. Il giovanissimo Ottone III non sarà da meno quando nel 1001 concederà al patriarca Giovanni, anch'egli fedelissimo, "tutte le ville che egli Giovanni e i suoi predecessori avevano edificato nella Contea del Friuli dopo la nefasta devastazione degli Ungari".
Nel secolo X, comunque, avvenne un ripopolamento della pianura con coloni slavi, che è generalmente attribuito a merito dei patriarchi. Ultimamente, però, l'archeologo sloveno Vinko Sribar, osservando che questa colonizzazione è avvenuta anche fuori del territorio patriarcale, ha ipotizzato che essa sia stata piuttosto una conseguenza della politica della Corte ottoniana.
"Non è un caso - egli afferma - che questi fatti siano avvenuti dopo la sottomissione della Marca Veronese e della Contea Friulana al Ducato di Carinzia (Magna Carinthia)".
Contrariamente a quanto accaduto sui colli Orientali, di questo ripopolamento slavo è rimasta traccia solo nei nomi di molti paesi: Lestizza, Sclaunicco, Virco, Gonars, Sammardenchia, Belgrado, ecc.
Tutto il resto si è fuso nel gran calderone dell'etnia friulana.
Ho accennato al clima di violenza e di paura che regnava ovunque nel secolo X: chi aveva le possibilità materiali cercò di crearsi dei luoghi di rifugio fortificati, ottenendo l'autorizzazione regia con tanto di diploma e alle volte facendone anche a meno.
Come sistemi difensivi non differivano molto da quelli dei castellieri protostorici, salvo che per le dimensioni molto più ridotte. Non avevano comunque niente a che fare con i castelli dei secoli XIII e XIV che ancora adornano, più o meno diroccati, i colli morenici e pedemontani.
La catena di castelli e fortilizi che sorgeva in corrispondenza dei guadi del Tagliamento e a guardia della strada Latisana - Codroipo - Carinzia, (che in genere furono distrutti nel 1596 da una terribile piena del Tagliamento) apparteneva a questa ultima generazione di castelli. Ma, almeno qualcuno di essi doveva esistere già nei secoli precedenti. Attorno al Mille - come scrive M.G.B. Altan - una compagnia di Israeliti riattivò le miniere di ferro in Stiria e fu ripristinata l'antica via romana della Val Fella (che appunto assunse il nome di Canal del Ferro) fino a Portis di Venzone, donde era possibile la fluitazione fino a Porto Tisana.
Nessun castello, invece, lungo la stradalta e lungo la Codroipo - Cividale: i Patriarchi non potevano permettere che sorgessero luoghi fortificati sulle strade più importanti, che dovevano in ogni caso restare libere al passaggio dell'imperatore tedesco. Ma se queste anguste fortificazioni proteggevano i potenti, chi proteggeva la povera gente dalle razzie dei predoni?
Secondo il Mor, le comunità rurali si erano date una rudimentale organizzazione locale assai prima del X secolo, facendo riferimento alla più vicina cappella.
Attorno a questa, generalmente costruita in posizione eminente, naturale o artificiale, i "vicini" costruivano un recinto difensivo detto cortina. Nella piccola chiesa si concentravano, in caso di pericolo, persone e beni di sostentamento. Tali opere difensive sono tuttora riconoscibili, anche se mutilate, spianate, ridotte, in quasi tutti i nostri paesi, come a Sclaunicco, S. Maria, Nespoledo, Galleriano.
Alle volte la cortina, da rifugio temporaneo, diventava un vero borgo fortificato permanente, con le case disposte tutt'attorno con le pareti esterne scarsamente finestrate.
Così avvenne a Lestizza.
Ancora nel 1913 esisteva la torre con la porta che dava accesso alla centa. Venne demolita per far posto al nuovo campanile. La centa di Lestizza resistette alle varie incursioni turche di fine `400 e diede ricetto anche ai disgraziati abitanti di S. Vidotto e di Paluzzana.
Quest'ultima borgata non venne più ricostruita.