I SAVORGNAN, CONTI DI BELGRADO

di Antonio De Cillia

I Savorgnan, che avevano dato un valido contributo ai Veneziani nell'acquisizione del territorio friulano, non smentirono la loro fama filoveneta in occasione della terribile guerra contro Massimiliano.
Già all'inizio della guerra, nel 1508, Gerolamo Savorgnan aveva guidato le "cernide" carniche dal passo della Mauria fino a Lozzo, sbarrando la via del Comelico all'esercito imperiale che, intrappolato a Pieve di Cadore, fu fatto a pezzi dai Veneziani dell'Alviano, sopraggiunti attraverso il passo di Cibiana.
Nel 1514 la guerra sembrò ancora risolversi a favore di Massimiliano, quando un esercito imperiale costrinse le truppe veneziane a ritirarsi verso Sacile e determinò la caduta dell'intero Friuli. Gerolamo Savorgnan si asseragliò con 130 cernide e 80 cavalieri nel forte di Osoppo e resistette per 46 giorni all'assedio degli Imperiali.
Trapelata la notizia che l'Alviano stava guidando alla riscossa i Veneti, l'assedio fu tolto e il Savorgnan inseguì gli Imperiali colpendoli "per fianco et alle spalle, et li ruppe et fugò e tolse loro otto pezzi di artiglieria grossa, ricuperando la fortezza della Chiusa, et liberando il Friuli dall'arme Tedesche" come scrisse il figlio Mario.
In premio del suo valore e della sua fedeltà, Girolamo Savorgnan fu creato cavaliere e, con deliberazione 25 agosto 1515 del Consiglio dei Dieci, gli venne donata la giurisdizione sui territori di Belgrado, Castelnuovo, Palazzolo e Osoppo, col titolo di Conte.
Nel 1557 il feudo di Belgrado comprendeva, oltre al castello omonimo, le ville di Belgrado, Bicinicco, Flambro, Lestizza, S. Maria di Sclaunicco, Sclaunicco, Mussons, Nespoledo, S. Paolo, S. Pietro, Rivis al Tagliamento, Talmassons, Teor (metà) e Villacaccia.
Più tardi vennero aggregate anche Bertiolo, Torsa, Roveredo e S. Vidotto.

Il Contado di Belgrado godeva di amplissimi privilegi (quelli stessi che i Conti di Gorizia avevano strappato a suo tempo al Patriarca) ed era considerato "Terra separata", ove il Luogotenente della Patria del Friuli non aveva né diritto di visita né possibilità di esercitare le sue funzioni: i Savorgnan trattavano direttamente con le varie Magistrature veneziane.
La giurisdizione civile e criminale erano da essi esercitate fino al terzo grado tramite un capitano, giudici e cancellieri.
I Savorgnan godevano inoltre il diritto di regolare la caccia, la pesca, il passaggio dei fiumi con barche e l'affitto dei terreni per il pascolo invernale (pensionatico); potevano imporre prestazioni personali a scopo pubblico e dettare regole al banco dei pegni ebraico di Rivignano.
Esercitavano uno stretto controllo sulla attività dei Comuni dipendenti, sull'amministrazione dei beni ecclesiastici e sulla nomina del clero locale.
Il Conte aveva anche il comando di un battaglione di "cernide", sulle quali esercitava la giurisdizione militare, nominando gli ufficiali e chiamando ogni anno alla rassegna le sue truppe.
Oltre ai dazi di transito, connessi con la giurisdizione sulle acque, il Savorgnan aveva il diritto di esigere dazi su carne, olio, vino e pane.
C'era poi il capitolo esenzioni.
"Non basterebbe un ampio volume a contenere i Privilegi tutti accordati dalla Sovrana Munificenza agli Ecc.mi Co.Giurisdicenti pro tempore a conforto e felicità di questa suddita Popolazione" - Così scriveva il 31 maggio 1791 il Capitanio di Belgrado, accingendosi ad elencare almeno qualcuno di tali privilegi.
La "separazione" del Contado dalla Patria, esentava i suoi sudditi "da ogni genere di aggravio, da qualunque compartizione (decretata) dal Parlamento, da Fazioni di Roveri, da escavazioni di Lagune, da contribuzioni per le Fortificazioni della Fortezza di Palma, da qualunque gravezza per occasione della Cattasticazione, dal concorso cogli altri della Patria nella presentazione delle Polizze per occasione d'ordinarie ed extraordinarie Imposizioni sopra Ecclesiastica Beneficj, dal Dazio Fornelli ad uso di Trattura di Seta e sino dal pagamento della gravezza Campatico".
Naturalmente tutti questi Privilegi, sia attivi che passivi, non vennero sempre pacificamente applicati nei tre secoli di vita del Contado.
Ci fu tra le parti una continua dialettica, che sfociò in liti, processi, sentenze, decisioni delle massime istituzioni veneziane, specie in materia fiscale. Le crescenti necessità di denaro spinsero il Senato a derogare da certe esenzioni concesse in tempi più fortunati.