GLI ALIMENTARI A LESTIZZA

di Antonio De Cillia

Come da documento in data 8 marzo 1716 del capitanio Carlo Vannini, i pistori (e cioè i fornai) che intendessero "fabricar Pane per vendere" dovevano presentarsi davanti alla Pubblica Rappresentanza per ottenere il permesso, "dietro la dovuta contribuzione del Dacio del Pistrino".
In seguito, ogni sei mesi, dovevano ripresentarsi a "render minuto e giurato conto della quantità del formento macinato e convertito in Pane" e pagare il relativo dazio.
A loro volta i molinari dovevano ogni anno portare "in mani di m. Valentino Fabro Paron di Bertiollo, pubblico misuratore, tutte le misure, sì schiffi, che quarte e pesinali" per essere verificate e bollate, dietro pagamento al misuratore di sei soldi per ciascuna misura.
I molinari erano anche avvisati di non potere, "nelli giorni festivi di precetto macinare a che si sia se non doppo la S. Messa".

Anche quelli che fabbricavano calcina, o che usavano "brazzolari" (misura di un braccio) dovevano sottostare alla verifica delle misure usate e così pure i mercanti di biade.
I proclami in tal senso si susseguono monotoni, quasi in fotocopia.
A proposito del "Publico Regolatore delle misure delle Biade, Calzina, brazzolari ed altre misure soggette al Bollo" apriamo una parentesi per far notare che si venne a formare una specie di dinastia ereditaria. Infatti al fabbro Valentino Paron (1724) succedettero Giuseppe q. Valentino (1748) e poi Domenico (1768).
Il 24 aprile 1773, "stante la mancanza a vivi jeri seguita del lui Padre, Giuseppe q. Domenico Paron umilmente prostrato supplicava per la traslazione di tal Carrica nella sua Persona". E S.E. il Marchese Mario confermava.
Proprio il nuovo giurisdicente Mario Savorgnan si fece subito notare nel 1762 per il suo vivace interventismo in tutti i campi, nel tentativo di mettere ordine e disciplina in un mondo ormai in dissoluzione. E' l'epoca in cui personaggi come Andrea Tron e Marco Foscarini cercavano di trarre dal glorioso passato veneziano gli spunti per un impossibile risveglio.
Dal complesso di interventi che traspaiono dai nostri documenti, Mario Savorgnan non appare affatto un innovatore, ma più semplicemente un restauratore di metodi autoritari e intimidatori di stampo prettamente medievale, sia pure rivolti a razionalizzare il funzionamento tecnico delle varie istituzioni.
Tornando alle regole per il commercio che il Co. Mario intendeva restaurare, colpisce soprattutto la minuziosa previsione delle pene e degli obblighi procedurali, dettati con un linguaggio truculento, e per noi un po' patetico, che sembra annunciare una sostanziale impotenza.
Pene per la farina, pene per la confezione, obbligo di presentare ai giurati del Comune il pane prodotto prima della vendita, premio ai giurati che "scoprano la contraffazione", pene ai giurati che non controllino bene, obbligo al Capitanio di far rigare diritto i giurati, provvedendo lui stesso "di quando in quando" al controllo di persona.
"Passando - poi - l'occhio alli Molinari" il Savorgnan ordinava il controllo delle misure, sia per quanto riguardasse la bollatura che andava fatta ogni anno "coll'orlo di Ferro" sia per colpire sostanziali falsificazioni. In tal caso le misure dovevano essere infrante (oltre la multa di L 50).
"Avendo poi in riflesso bensì li bisogni del Popolo, ma però secondo la Mente Publica, che è secondo li divini Precetti, avanti il levar del Sole sia Finita ogni Macina, Pesto o Follo, e che prima di due ore avanti del tramontarsi non siano ricominciate queste opere, in pena di L. 50 per cadauna volta e della perdita di tutto a danno delli Molinari".
Inoltre i Molinari erano diffidati da "tritutar tabacchi da altri che dalli Pubblici partitanti" pena esser processati come rei di contrabbando "essi Molinari colli loro Famigli e Direttori delli Molini".
Soggetti a verifica dei pesi, misure, bilance, stadere della grossa, erano anche "li Bottegai venditori di comestibili, Sali e Tabacco" i quali erano punibili anche quando non esponessero nelle botteghe le Tariffe. Eccedendo nei prezzi, la merce stessa sarebbe stata "fiscata".
Non sfuggiva il trucco praticato dai bottegai di falsificare le bilance, sporcandole con "feccia attaccata".
Era prevista anche la "sospensione della Bottega" e il "lievo delli Capi di Mercatura".
"Nè perdendo d'Occhio li Fornasari", anche questi si imponeva la bollatura delle misure. Ma talvolta il nostro esuberante Giurisdicente si concedeva anche qualche personale ispezione - lampo alle botteghe.
Il 20 aprile 1770, ad esempio, piombò con tre nobili amici veneziani, nel negozio del signor Lorenzo Foramitti a Nespoledo e, chiamato il Degano e un giurato della villa, fece loro controllare la bottega.
Risultò che le bilance erano tutte sporche di grassina e così pure "li misuri d'Oglio, sicché dovevano scarseggiare". Anche i pesi furono ritrovati scarsi. Controllato il peso del sapone "fu ritrovato che per ogni libra veniva ad esser due soldi di meno del giusto peso, oltre esser di quello di Trieste e senza dovuto bollo". Immediatamente il sapone (15 libbre) fu dal Conte dispensato alla povera gente della Villa e l'olio, a causa dei "misuri scarsi" fu "deliberato alla Veneranda Chiesa del loco stesso" per un valore di Ducati 18.
Circa il sapone esistente in magazzino, fu incaricato il Gastaldo del Contado, Paolo Malisano, di andare a controllare se fosse bollato, o meno. Però il giorno 23 aprile, quando fu fatta la nuova ispezione, il Gastaldo non trovò "saponi ni in poca ni in molta quantità di sorte mentre questo lo avevano già spedito altrove" come confessò uno dei due agenti del Foramitti. La bottega fu chiusa.
Ma il 29 giugno successivo i signori Foramitti ottenevano dal Conte le riapertura del negozio, essendogli stato assicurato "che gl'arbitrij erano natti senza volontà delli sigg.Foramitti, ma bensì dall'ingordigia d'uno dei suoi giovini, che sono certificato esser stato immediatamente licenziato".
No comment.
Le frodi sul peso del pane dovevano essere abbastanza frequenti: rimane traccia di alcuni casi scoperti fuori della Giurisdizione Savorgnana, ma di cui erano colpevoli protagonisti i fornai del Contado.
Nel 1791 il Luogotenente Francesco Rota denuncia al Capitanio di Belgrado che nell'osteria di Giobatta Piccolo di Galleriano era stato "ritrovato pane venale in quantità di Bine quattro da soldi otto l'una, calante un'oncia e mezza per ogni bina".
Il pane era stato fornito da un fornaio di Bertiolo.
L'anno dopo il Luogotenente Paolo Antonio Erizzo denunciava al Capitanio il fornaio Giobatta Zorattin di Lestizza per aver fornito ad un oste di Carpenetto ventiquattro Bine di pane scarso di peso "nella riflessibile summa di circa cinque oncie per Bina". Il Zanottin, evidentemente, non se ne dette per inteso se nel settembre 1796 veniva punito per la solita truffa in danno di tre osti di Carpenetto e di Pozzuolo.