LE OSTERIE

di Antonio De Cillia

"Avanzandosi l'ardimento di molti particolari di questo contado di vendere vino alla minuta nelle ville soggette, contro li privileggi ed antica consuetudine riguardante l'auttorità de N.N.H.H.S.ri Coo: Giurisdicenti ed in loro pregiudizio per il loro vino, che da li Loro Intervenienti viene consignato a spazzo agli osti di esse ville, per dovere prima di ogni altro essere essitato", ciò è "insofribile abuso".
Perciò nessuno osi ecc ecc. Così il Capitanio del Contado, Carlo Vannini, il 10 luglio 1719.
La proibizione veniva ribadita nel 1748.
Nel 1769 Mario Savorgnan precisa che gli osti, "dopo spazato il di lui vino" non si mettano in testa di provvedersi di "altra sorte di vini anco fatti fuori del Contado" senza "soggiacere alle Revisioni e Limitazioni delli Giurati delle Ville, lo che essendo contro la forma della pratica antica e giusta". Inoltre dovranno pagare il "Bollo, in pena di contrabbando del Vino e di esserli fatta chiudere l'osteria, et altri ad arbitrio".
L'8 novembre dello stesso anno, rendendosi conto che, attorno alle osterie si erano venute creando situazioni finanziarie pericolose per la pace sociale, Mario Savorgnan decretava una specie di regolamento ad uso degli osti.
Osservava inanzitutto che "soggetti essendo purtroppo a dover far credenze sotto parola di pontual pagamento" gli osti, fornendo vino, pane e commestibili, al momento "di dover aver pagato li Dacj di Macina, Pestrino e Carni, le paghe del vino e li provigioni del Formento" si trovano e mal partito per colpa dei loro debitori, "restando esposti a spese di atti esecutivi" senza potere a loro volta avere dalla Giustizia un "celere effetto".
Per ovviare a tali inconvenienti il Co:Mario decretava le seguenti "ferme ed inviolabili Provvisioni":
1) Gli osti non dovevano dare "di mangiare e di bevere a Figlioli di Famiglia a credenza, in pena di perdere il credito".
2) "Dopo le due ore di notte non abbiano di tenere ne' a mangiare né a bevere alcuno della propria Villa o a contanti o a credenza".
3) Sia concesso agli osti di procedere sommariamente contro i loro debitori fino a L. 25
"col lievo de' Pegni e condotta d'essi alla Camera (del Contado) per la vendita".

Per debiti superiori debbano "procedere colla 2^ esecuzione, spirati giorni 8 dopo la prima, levando però dalla Cancelleria il consueto mandato o Bollettino".
I debitori possano "contradire, ma però con previo deposito in Cancelleria dell'importar del debito" e, a scanso di manovre dilatorie, tutta la controversia "abbia ad essere definita nel corso di tre udienze al più".
A loro volta i Giudici "se nelle credenze li venga di trovare eccedenze di Prezzi, abbiano con risoluzione a far ridurre le Partite al giusto".
Sempre il nostro Co:Mario - il 18 marzo 1770 - "mosso il zelo nostro di procurare nei sudditi ... sentimenti di Cristiana Pietà di Religione ... massime ne' tempi destinati per apprendere li Dogmi della Cattolica Fede, et avendo rilevato che nel tempo della Santa Dotrina tengonsi aperte le Osterie e le Bettole motivo che le persone si trattengono a perdere quel tempo si precioso in ubbriachezze et Crapole ... affino di rimover un così pessimo scandaloso costume", ordinava agli osti di chiudere le porte della propria osteria "non dovendo dar ricetto a che si sia durante il tempo in cui insegnasi essa Dottrina, se non in caso di necessità, o a qualche Passeggero, in pena di ducati 5".
Antonio e Girolamo - nel 1789 - rincaravano la dose portando la multa a Ducati 50 ed estendendo l'obbligo della chiusura delle osterie anche durante Vesperi, Esposizioni, ed altre simili.
"Non dovranno inoltre gl'osti, o Locandieri tener verun Ridotto di Carte, o altra sorta di gioco sotto pena di prigione; perché la maggior parte degl'Omicidi, risse e scandali sogliono succedere nelle Osterie da gente vagabonda senza Arte, e onesto Mestiere, così resta proibito agl'osti di dar a simili persone alloggio e ricapito nelle loro Osterie".
In certi casi gli osti dovevano anche acconciarsi a far da esattori delle tasse per conto della giurisdizione. Il 14 settembre 1795, infatti, essendo decretata la tassa di un soldo per boccale di vino, i bettolieri prima "di porre a spina le Botti di vino" dovevano chiamare i Giurati del Comune a far constatare l'avvenimento, notificando la "giusta tenuta della botte" e badando bene a non tassare indebitamente il povero che "il più delle volte non ha bisogno se non che di una sola bozza (mezzo boccale) di vino".