IL DECENNIO 1946-1956

IN ITALIA E IN FRIULI

Mentre si festeggia la Liberazione, il 20% del patrimonio nazionale è andato perduto: in Friuli sono distrutte 2.774 case, 2.163 stalle, 20.000 sono i sinistrati.
La produzione agricola, che si basa su una proprietà frantumata in piccoli fondi a conduzione diretta, è malamente integrata dall'allevamento dei bozzoli; quasi ogni paese ha una latteria sociale. Nel '46 un bracciante prende 20 lire l'ora, ma paga il pane a 50 lire il chilo; l'inflazione colpisce i lavoratori a reddito fisso.
I furti campestri sono un termometro silenzioso della miseria contadina.
Altra risposta all'indigenza, l'emigrazione: nel '51 più di 150.000 friulani sono usciti dalla patria in Italia o all'estero. Si tratta per lo più di emigrazione temporanea (rimpatria il 40%); le rimesse vengono investite per fare la casa o acquistare un pezzo di terra.
L'iniziativa religiosa incide su ogni aspetto della vita civile, mentre si acuisce il contrasto ideologico fra le forze che avevano prodotto la Resistenza.
La Madonna missionaria parte da Feletto "la Rossa" in pellegrinaggio per il Friuli, ma si infittiscono anche le feste da ballo.
A livello politico, con una moderata epurazione dei fascisti, inizia la "normalizzazione", con l'appoggio del Governo Militare Alleato.
I primi ministeri De Gasperi sono ancora formazioni di coalizione tra le forze politiche.
Nella primavera del '46 le prime elezioni amministrative (ammesse le donne per la prima volta al voto) sanciscono l'insuccesso del Partito d'azione e dei liberali; si affermano la DC, il PSIUP e il PCI: quadro confermato nelle successive consultazioni per la Costituente.
Intanto il referendum istituzionale decreta la vittoria della repubblica sulla monarchia; si stacca dal partito socialista l'ala saragattiana.
De Gasperi liquida le sinistre dal governo.
Le elezioni del 18 aprile '48, sull'ondata emotiva prodotta dall'insorgere della guerra fredda e dal massiccio sostegno del clero, portarono a una clamorosa vittoria della DC (48%) e alla formazione di governi stabili: è il "centrismo".
Si respira un clima di acceso anticomunismo: l'attentato a Togliatti e gli scontri che ne seguono portano l'Italia sull'orlo della guerra civile; si scinde il sindacato.
In Friuli Pasolini nel '47 partecipa alla fondazione del "Movimento popolare per l'autonomia": la Costituente istituisce la Regione (che verrà realizzata più tardi, anche in attesa della definizione dei confini orientali).
La svolta liberistica di Einaudi pone le basi del decollo economico: ne è prezzo la svalutazione, la "mano libera in fabbrica", l'accentuarsi della disoccupazione. La CGIL nel '49 propone il "Piano del lavoro": irrigazione, bonifica, sistemazione dei corsi d'acqua: sul Cormôr lo "sciopero alla rovescia" porta i braccianti a lavorare sugli argini, contrastati dalla polizia. Nel '53 la DC ridimensiona al 40% il successo elettorale; le sinistre, nonostante la scomunica papale, passano al 35%. Gli anni successivi, fino al '58, sono piuttosto incolori dal punto di vista politico: governi a maggioranza risicata provocano paralisi legislativa; inizia la sfasatura tra società civile e sistema politico.
Importante invece il progresso economico: il reddito nazionale aumenta, si accelera la modernizzazione dell'industria.
Il Friuli, che nel '51 aveva un reddito medio di 162 contro il 204,5 nazionale, recupera (nel '70 lo supererà). Dal '50 al '60 la produzione del latte raddoppia; 1.300 erano i trattori nel '50, nel '65 sono 13.000. Si scopre il petrolio in Valpadana; il 1 ° maggio '54 nasce in Italia la TV.