LA FAMIGLIA FABRIS

di Marcello Bellina Napoleone il Grande (ladro)

Dal 1430 in poi la storia di Lestizza è strettamente legata alle sorti della famiglia Fabris, originaria di Malborghetto, nel Canale del Ferro.Purtroppo, durante l'invasione Napoleonica, i Fabris hanno nascosto il loro Archivio in un armadio a muro.
I Napoleonici però sono specialisti in furti e rapine più ancora che nell'arte della guerra.
Un ventennio dopo, il nobile Luigi Fabris scrive che nel 1815, epoca in cui si credette di poter essere ormai salvi dalle angherie francesi, fu aperto l'armadio, ma "dalla nota fu riconosciuto mancare le migliori opere che c'erano; molti libri derubati o guasti, e fra questi un grosso volume ad uso di messale bellissimo, con fermagli di ottone indorato, qualche documento guasto o perduto; pergamene relative alla famiglia Fabris dell'epoca 1430 in cui dalla Germania si trasferì in Friuli, acquistando casa in Udine. Più eranvi scritti relativi alla famiglia e descrizione di molti fatti accaduti prima dell'epoca 1430, altri fino al 1801, ma il resto in disordine e così, confuso che ancora stento per riordinare alla meglio".
Il generale Napoleonico Bernadotte, che nel 1808 si è requisito il palazzo per i suoi soldati, ha fatto man bassa sui documenti e li ha spediti in Francia, mentre Napoleone dorme il sonno dei giusti in qualche letto di villa Manin...

I Brianti a Fabris
Il copostipite della famiglia Fabris è un certo Giandomenico Brianti (Zuan Anego Brianti).
Secondo i biografi proviene dalla Germania, ma a quel tempo viene designato col nome di Germania tutto il Friuli austriaco, in contrapposizione al Friuli Veneto. "Lis Gjermaniis", in Friulano, comprendono... mezzo mondo!
Secondo l'avvocato Nicolò nobile Fabris, i Brianti discendono dal console romano Sesto Giulio Frontino (cioè dalla bella fronte).
Costui era stato chiamato Brigantico per aver sbaragliato una tribù di guerrieri che abitavano sulle montagne dell'Inghilterra ed erano chiamati Briganti. Apparteneva alla gente Giulia, cioè alla stirpe di Caio Giulio Cesare. Da qui il cognome di Brigantici contratto poi in Brianti, del nobile casato.
Dapprima la famiglia, che non ha alcun titolo di nobiltà, ma è discretamente ricca, si stabilisce a Malborghetto dove controlla il commercio del ferro che scende dall'Austria in Italia. Così i suoi membri cominciano ad essere chiamati i Brianti dei Fabbri, in latino: 'a Fabris'.
Talvolta anche il nome latino Fabris però viene italianizzato in Fravro e perciò abbiamo nella discendenza un Sebastiano Favro, Daniele Favro, ecc. Un Giacomo del Favro morì a Mortegliano durante l'invasione turca del 1499.

Dai registri si deduce che le varianti del nome Fabris sono innumerevoli. Eccone alcune: Faris, dai Faris, Fabris, a Fabris, Fabro, Favro ecc.
Con il ferro poi vengono vicino i soldi e con i soldi tutto il resto, compreso il titolo nobiliare nel 1726.
Anche il Canale del Ferro cambia nome.
Prima si chiamava Canale del Fella dal nome del torrente che vi scorre; ora si chiama Canale del Ferro, perchè comincia a scorrervi il prezioso metallo.
I primi Fabris si dimostrano moto ingegnosi e perciò vengono chiamati "Maestri" titolo che si dà solo a persone di provato ingegno e perizia; sono pure espertissimi negli affari che - a quel tempo - conducono con grande rettitudine e onestà.
Fra le tante loro realizzazioni pratiche possiamo ricordare una rete privata di irrigazione che dà loro buoni raccolti anche negli anni - e non sono rari - di grande siccità, quando tanti contadini soffrono la fame e spesso muoiono di inedia.

La famiglia dei Pertoldi
Gian Domenico ha tre figli: Giorgio, Alvise e Beltrame.
Alvise, a sua volta, ne ha due: Pertoldo e Antonio.
Pertoldo è il capostipite delle numerose famiglie di Pertoldi in Lestizza.
I discendenti Sebastiano, Antonio e Valentino sono detti invece i Fabris Buiatti, soprannome che esiste ancora in alcune famiglie di Fabris. Sotto i Fabris Lestizza assume lentamente l'aspetto di un villaggio feudale dominato dai nuovi padroni.
La famiglia Fabris, nei primi secoli, si dimostra religiosissima.
Il notaio Gioseffo Fabris, dando la notizia della morte del padre Sebastiano avvenuta nel 1565 avverte che "...il suo corpo fu sepolto onorevolmente nel cimitero della Giesa di San Biasio et san Justo di Listizza avanti a porta grande della Giesa, nel monumento dove sono stati sepolti li suoi antecessori...". Sotto la porta della chiesa giacciono dunque ancora le ceneri dei Fabris.
E Gian Francesco, figlio di Gioseffo scrive riguardo alla morte del padre: " ...in tempo che era un giubileo universale mandato di sua santità dove penso se ne nandò volando in Paradiso". E rivolto al figlio continua: "Ti volgio pregare per l'amor paterno e per l'amor di Iddio a esserli sempre divoto et prega per l'anima sua et non ti scordar mai per tutto il corso di tua vita di questo fondator di casa nostra...".

Qui troviamo una Ioseffa de Marco che è probabilmente la capostipite dei Di Marco Lestizzesi.
Fra i figli di Gian Francesco sono da ricordare Giovanni Sebastiano nato nel 1580 e morto nel 1619 che si fa frate carmelitano scalzo. E' un santo uomo che viene nominato prima maestro teologo dei novizi a Roma, e in seguito cappellano dell'Arciduca Alberto d'Austria, ambasciatore di Papa Paolo V in Fiandra, sopraintendente all'Università di Lovanio, priore del Collegio di Monte Cavallo. Muore probabilmente assassinato, perchè troppo buono, troppo intelligente, troppo onesto.
Più tardi ricordiamo Carlo, parroco di Bertiolo che fa restaurare la chiesa a sue spese e Nicolò parroco di Lestizza che lascia un diario dove descrive con deliziosa ed ingenua malizia fatti e persone del suo tempo.
Giuseppe si stabilisce definitivamente a Lestizza, vendendo la casa che possiede in Via Mercatovecchio a Udine.

A questo punto, comincia la lenta involuzione religiosa e sociale dei Fabris che si vanno allontanando dalla pratica religiosa e dal contatto paterno con i loro coloni. Qualcuno arriva a comportarsi da vero dittatore, altri a dar segni di imperdonabile stranezza.
I vecchi ricordano ancora uno dei Fabris che usava accendere la sigaretta con biglietti da cinque lire, mentre i suoi dipendenti prendevano a stento come salario una lira al giorno.

A questo punto però altri due Fabris meritano di essere ricordati in senso favorevole:
Riccardo (1853-1911), dottore in legge, che per la sua attività a favore del Porto di Marano riceve la cittadinanza onoraria della cittadina ed è tuttora ricordato in una lapide. Fa parte del gruppo irredentista di Oberdan e gli è affidato il compito di collegamento fra le varie sezioni.
Elena (1861-1904), gentildonna benefica e gentile scrittrice, che raccoglie e continua la tradizione di Caterina Percoto.