Il Castelliere "Las Rives" di Galleriano

di Roberto Tavano - Las Rives 1997

Età del Bronzo e del Ferro
Per primo L. Quarina definì verso il 1941 il castelliere come tale, prima semplicemente quei rilievi erano detti "le rive"; venivano chiamati anche "Campo romano". Oggi possiamo dire che l'accampamento non è stato costruito dai Romani, anche se lo hanno attivato per diversi secoli. Se lo avessero costruito loro, sicuramente lo avrebbero realizzato con gli aggeri lineari e di forma rettangolare. La differenza fra gli accampamenti preistorici e quelli romani consiste nel fatto che i primi sono plasmati in funzione delle caratteristiche del posto, viceversa i secondi plasmavano il posto in funzione dei modello consueto di forma rettangolare più o meno esteso.

Osserviamo come si presentano oggi i due castellieri protostorici di pianura del tipo a terrapieno che ci sono rimasti quasi integri dopo oltre 3000 anni; quello di Savalons di Mereto di Tomba e quello delle Rive di Galleriano. Vetusto, rimboschito, di aspetto primordiale: così si presenta oggi il castelliere di Savalons, anche se l'ampiezza non supera gli 8 campi friulani, quindi di estensione inferiore a quello di Galleriano, che è di 16 campi. Il nostro è a forma romboidale, Savalons è un quadrato rotondeggiante. Costruiti dunque su posti e forme diverse secondo come si presentava il sito in origine. Quello di Savalons allora poteva usufruire di un'ampia ansa sui due lati rigonfi verso nord-est del corso della Lavia Madrisana. Quella di Galleriano ha sfruttato un posto in cui un'altra Lavia formava un'ansa ristretta, quasi ad angolo retto sui due lati sud-est.

Seguiamo l'antico corso della Lavia che dalle sorgenti presso Fagagna passava accanto ai paesi dì San Marco e Blessano e proseguendo quindi tra Variano e Vissandone aggirava Basiliano verso ponente, per poi sfiorare Nespoledo (S. Antonio) fino a giungere al nostro castelliere, quindi proseguendo verso sud-ovest arrivava infine nei pressi di Galleriano, dove finiva il percorso.
Il fiumicello, con un discreto dislivello e una lunghezza di 15 chilometri, terminava dunque a Galleriano, dove a giudicare dalle tracce che ha lasciato, poteva avere la seguente sezione: larghezza 6 metri, altezza alle spalle metri 1,20 circa; l'alveo e le tracce integre della Lavia Peraria si possono osservare qualche centinaio di metri prima di arrivare a Galleriano. Va ricordato che il Peraria ha il percorso più lungo di tutte le varie Lavie. È possibile che a causa del prosciugamento delle Lavie in un periodo imprecisato l'insediamento rischiasse di essere abbandonato; può essere che allora la sopravvivenza dei castellieri sia stata prorogata scavando dei pozzi.

Gli aggeri dei due castellieri sono circa delle stesse dimensioni, larghi 12 metri alla base ed alti 4-5 a forma rastremata. L'ingresso principale pare situato nella stessa posizione verso l'angolo sud-ovest. Per risalire alle loro origini va tenuto in considerazione quanto asseriva il Paschini.
"Nella vera e propria età del Bronzo nella terra dell'Alto Adriatico sono sorti in buona parte i castellieri della Venezia Giulia...". Allora, più di 3200 anni orsono, quando il corso d'acqua era a regime costante, i Veneti stanziati nella zona scelsero i posti per costruire questi villaggi e dopo essersi insediati provvidero a fortificare i villaggi con l'aggere e palizzate soprastanti.

Sempre il Paschini aggiunge che i Veneti uscivano dal grande ceppo indoeuropeo come altre popolazioni italiche di quel tempo e si stabilirono, come ci racconta Tito Livio, lungo la parte superiore del mar Adriatico, cacciando gli Euganei che abitavano tra il mare e le Alpi. Altre fonti come quelle di alcuni storici greci fra cui Erodoto ci raccontano invece che provenivano dall'llliria e abitavano lungo la costa e la parte orientale dell'Adriatico, l'odierna Dalmazia, e raggruppavano un insieme di popolazioni diverse insediatesi poi anche in Istria, sul Carso e nella nostra pianura.

Nel Medio Friuli contrariamente alla maggior parte dei castellieri che si appoggiano a rialzi naturali, vi sono di quelli che si trovano in aperta pianura , del tipo a terrapieno quali Savalons, le Rive di Galleriano, il castelliere di Sedegliano. L'eccezionale ampiezza delle nostre rive, con quasi sessantamila metri quadrati, era un'opera poderosa di difesa che con ogni probabilità serviva sia la popolazione che vi abitava nell'interno ed in caso di pericolo anche quella limitrofa. Forse internamente, nella parte nord in rialzo, vi trovavano posto i cavalli ed i carriaggi che si servivano delle porte carraie nord-est. È possibile che vi fosse allevato del bestiame(fuori dall'accampamento?), ma solo una indagine archeologica e degli scavi potrebbero dirci se gli abitanti del castelliere allevassero animali, e di che tipo.

Cerchiamo di capire perché è stata scelta questa zona per costruire l'accampamento e proviamo a ipotizzare il sistema di costruzione.
Innanzitutto vi scorreva la Lavia Peraria con rifornimento costante d'acqua, poi la stessa nella parte sud-est formava un'ansa di scorrimento a circa 90 gradì delimitando l'accampamento sui due lati sud-est; e data la natura del terreno che degradava da ovest verso est, era più facile fortificare anche i lati nord-ovest. Il materiale ghiaioso e terroso con cui venivano costruiti gli aggeri tutt'intorno poteva essere costituito dalla terra di riporto dei fossi. Di solito nei castellieri tutt'intorno nella parte superiore dell'aggere era generalmente eretta una palizzata alta 4-5 metri e, a breve distanza dalla prima, potevano esservi pali che sorreggevano un tavolato onde permettere ai difensori di percorrere tutto il perimetro per scagliare frecce, lance e giavellotti. Gli alloggiamenti interni, si suppone, fossero costituiti da case-capanne in legno con tetto di paglia e cannucce palustri pressate, le pareti erano sempre di cannucce intonacate con argilla e fango.

Vediamo in parallelo la destinazione per quei tempi dell'area Braida-Roggia in riva al Cormôr a Pozzuolo e la analoga area del nostro accampamento in riva alla Lavia Peraria, posizionata vicino alla stradina che immette alla porta carraia. Se vale l'analogia, erano finalizzate alla manipolazione-preparazione del cibo che veniva consumato in sito e negli accampamenti a seconda del clima e del tempo. Entrambe inoltre erano posizionate vicino all'acqua per comodità, erano inoltre distanziate quanto basta dalle capanne degli accampamenti onde impedire possibili incendi per effetto dei fuochi delle cotture.

Attraverso le forme vascolari ceramiche ricostruite dai frammenti fittili, rinvenuti all'interno del castelliere "Le Rive" in questi ultimi 15 anni, si può far risalire l'esistenza del castelliere all'età del Bronzo Recente. Si sono inoltre rinvenuti frammenti dell'età del Bronzo Finale e di epoca più tarda. Altre caratteristiche del nostro accampamento che confermano le origini all'epoca detta possono così riassumersi: probabile aumento demografico in quel periodo, insediamento recintato, nuove tecnologie agricole, diffusione di utensili ed armi, specializzazione metallurgica in forma artigianale per la lavorazione del bronzo (rinvenimenti di cuprite e cassiterite grezze e scorie di fusione), ceramica eseguita esclusivamente a mano.

Va inoltre ricordata la tomba a tumulo integra del campo Tosone, posta a circa 300 metri a nord-est del castelliere, sempre dell'età del Bronzo Recente, appartenente alla "Cultura dei Tumuli" del sec. XIII a.C..Età dei Celti e dei Romani: Dei Celti, o Galli come li chiamavano i Romani, si sa poco. Verso i primi decenni del IV secolo a.C., dopo aver assoggettato le popolazioni autoctone, si impossessarono dei fortilizi locali. Forse nel nostro territorio erano presenti famiglie nobili.Alcuni ritrovamenti locali pare possano riferirsi a questo popolo ancora misterioso: si tratta del bronzetto bimetallico (peso per bilancia a forma di testa maschile con copricapo) trovato nel "Bosc di Santa Maria", che Aldo Candussio suppone di fattura celtica. Con l'avvento dei Romani e più precisamente con la battaglia del 115 a.C. vinta dai legionari del console Emilio Scauro sui "Galli Carnei", essi probabilmente persero la loro autonomia, si mischiarono e si confusero con gli autoctoni e con i coloni romani, partecipando anche alla distribuzione di terre dei tempi cesariani ed augustei .
Cesare, agli inizi del 58 a.C., avendo necessità di servirsi nella Gallia per la lotta contro gli Helvezi, fa venire dall'Italia e arruola due legioni di volontari che combattevano per il soldo, la XI e la XII, e ne trae fuori dagli accampamenti altre tre. A Cesare erano state assegnate quattro legioni, di queste la X si trovava già nella Gallia, le altre tre erano la VII, l'VIII e la IX, che erano stanziate lungo le Alpi Orientali, nei pressi di Aquileia ed Emona.
Così descrive questi avvenimenti il primo libro dei Commentari del De Bello Gallico di Giulio Cesare: "...contendit duasque ibi legiones conscribit et tres quae circum Aquileiam hiemabant ex ibernis educit... ".
Arruola dunque le due legioni e trae fuori dagli accampamenti altre tre che avevano svernato nei pressi di Aquileia. Sarebbero quanto mai necessarie altre indagini più approfondite per stabilire con maggior certezza la presenza di soldati romani su Las Rives, suggerita dal toponimo "Campo Romano". Con l'arrivo dei Romani come potrebbe essere mutata la vita del nostro accampamento? La popolazione che prima vi abitava dentro deve evacuare e viene sistemata nei dintorni? Potrebbe allora darsi che dentro restino i soli legionari, quindi il tipico accampamento di coorte, che può contenere fino ad un massimo di 600 soldati, tre manipoli e due centurie, alloggiati in baracche di legno a due piani con tetti di legno a cannucce pressate.

È possibile che quegli "insediamenti rustici romani" di cui parlano alcuni storici friulani potessero essere delle cucine che servivano i soldati accampati.L'invasione degli Unni: In caso di pericolo di invasioni, le tre legioni, unitamente alle forze stanziate a Emona, Celeia, Petovia, si rinchiudevano dentro le fortificazioni di Emona ed Aquileia e difendevano le due città come era avvenuto tante volte, anche quando ai tempi di Valentiniano Terzo, Attila nel 452 dopo aver distrutto Emona (Lubiana), pose l'assedio ad Aquileia. Allora Procopio dice che a difenderla vi erano due agguerrite legioni e tutta la popolazione valida. Dopo più di tre mesi di assedio gli invasori Unni la conquistarono durante un furioso assalto nel quale circa 90mila attilani avevano trasfuso tutte le loro energie e la loro ferocia, combattendo prevalentemente con scudi ed asce di guerra. Sempre Procopio ed altri storici parlano di 37mila difensori massacrati e concludono dicendo che il macello fu di vaste proporzioni. In seguito a qualche invasione forse ebbe fine anche il nostro accampamento. A causa del ripetersi delle varie incursioni infatti vennero meno gli insediamenti piccoli e distribuiti sul territorio, e si formarono grossi centri facilmente difendibili; può essere anche che un peggioramento del clima abbia determinato lo spopolamento. Uno studio più approfondito potrebbe sciogliere questo dilemma.

I reperti: Presso l'accampamento in una fascia a se stante, sul lato nord, a seguito di tre arature sono stati individuati vari affioramenti di materiale riferibili ad area cimiteriale: fibbie in bronzo, monete romane, laterizi con marchio, chiodi a sezione quadrata, una testina femminile, embrici e tegoloni per tombe, diversi frammenti di vasi usati per la conservazione delle ceneri di cremazione. Sempre sulla fascia nordovest sono stati rinvenuti frammenti di anfore, fittili ceramici, il frammento di intonaco di capanne e cannucce (età del bronzo) citato, chiodi in ferro a sezione quadrata (per la saldatura delle travamenta delle cucine?), una chiave in bronzo, monete preromane, repubblicane ed imperiali.Un ritrovamento eccezionale la moneta di medio bronzo greco coniata nell'isola di Creta a Cnosso raffigurante nel dritto la testa della dea Artemide e nel rovescio la pianta di un labirinto con la scritta in greco KN?SION databile tra il II e il I secolo a. C.

Tra i reperti metallici ancora fibule, piccoli oggetti ornamentali, pesi in piombo per stadere e bilance, tanti altri pesi in piombo più piccoli con passante usati per tendere la trama dei telai per tessitura, vetri, strumenti in ferro, macine in pietra per cereali. Ancora dell'età del bronzo, minerali di cuprite e cassiterite in pietra per la fusione del rame e del bronzo (lega di rame e stagno) e scorie di fusione che si trovano in abbondanza.Nelle varie epoche si suppone allora che nell'area del castelliere venissero esercitate diverse attività artigianali, quali la costruzione di forme vascolari ceramiche, fonderia per la realizzazione di recipienti ed utensileria in bronzo e ferro, tessitura per la confezione di tele e stoffe ed inoltre, dato il rinvenimento di tante monete, si ha la sensazione che vi si svolgesse un fitto mercato (per la contrattazione delle merci in arrivo e la vendita di prodotti artigianali ed agricoli realizzati in sito?). Si ribadisce la necessità di uno scavo sistematico del castelliere "Las Rives'', per poter confortare queste affascinanti ipotesi.